Immagine in evidenza: Munizione vagante ucraina basata su drone FPV, da Wikimedia
Parlando alla televisione nazionale il 20 dicembre dello scorso anno, Volodymyr Dehtiarov, portavoce della Brigata Khartiia della Guardia Nazionale ucraina, ha rivelato che dozzine di veicoli senza pilota aerei e terrestri sono stati utilizzati per condurre con successo un assalto contro posizioni russe.
Dehtiarov non ha specificato il giorno esatto in cui è avvenuto l’assalto, ma solo che questo è stato condotto nei pressi di Lyptsi, una cittadina di quattromila abitanti situata nell’oblast di Kharkiv, a pochi chilometri di distanza dal confine russo.
Operando attraverso il controllo remoto di specialisti, i droni impiegati a Lyptsi hanno eseguito quella che è, a tutti gli effetti, una complessa operazione combinata aria-terra. Un’operazione nel corso della quale, supportandosi a vicenda in modo sinergico, i droni hanno svolto un ampio numero di compiti diversi, tra cui ricognizione, sorveglianza del campo di battaglia, rimozione di mine e fuoco diretto tramite l’utilizzo di mitragliatrici.
Non è ancora chiaro se quello condotto a Lyptsi sia stato il primo assalto interamente robotizzato della storia dei conflitti umani; di sicuro è uno dei primi di cui abbiamo notizia nel corso dell’invasione dell’Ucraina.
Il fatto è rilevante, perché se nel corso della guerra sia gli ucraini sia i russi hanno fatto largo uso di droni aerei e navali (questi ultimi soprattutto ucraini), l’impiego di droni terrestri è stato invece, per diverse ragioni, più limitato.
Fino a poco tempo fa, i droni terrestri – o UGV (unmanned ground vehicle), come sarebbe più corretto chiamarli – mostravano infatti serie difficoltà a navigare l’ampia varietà di terreni accidentati che un qualsiasi campo di battaglia prevede. Difficoltà rese ancor più evidenti dall’elevato consumo di energia necessario ai droni per muoversi sul terreno, riducendone di conseguenza l’autonomia operativa.
Rispetto ai domini aereo e marittimo, dove i veicoli senza pilota vengono impiegati con maggiore frequenza, quello terrestre presenta una maggior densità di forze militari nemiche e amiche.
Densità che genera problemi di deconfliction, ovvero l’aumento del rischio di incorrere in episodi di fuoco amico, e pone, di conseguenza, anche una questione di fiducia da parte degli operatori umani schierati sul campo al fianco dei droni terrestri, come nota anche l’esperto di strategie militari Mick Ryan.
Queste limitazioni non ne hanno però frenato lo sviluppo. L’elevata pericolosità che caratterizza le prime linee dei campi di battaglia ucraini ha evidenziato esigenze di trasparenza (migliore capacità di sorvegliare il campo di battaglia), letalità (maggiore capacità di infliggere perdite al nemico) e riduzione delle perdite (maggiore capacità di proteggere le proprie truppe), che hanno accelerato la sperimentazione nel campo dei droni terrestri, permettendo un assalto come quello condotto a Lyptsi dalla brigata Khartiia, nei cui ranghi opera un’unità, la Typhoon, appositamente formata e dedicata all’utilizzo di veicoli senza pilota.
Come l’invasione ha stimolato l’industria bellica ucraina
All’inizio dell’invasione su larga scala da parte della Russia, l’economia e l’industria bellica ucraine non erano paragonabili, per risorse e dimensioni, a quelle del suo aggressore.
Per poter far fronte all’attacco e resistere all’avanzata delle forze armate russe, oltre che a contare sulle forniture dei suoi alleati occidentali, l’Ucraina è stata perciò costretta a creare le condizioni per lo sviluppo di un ampio e articolato settore domestico della difesa.
Per ridurre il vantaggio nemico in termini di scala e risorse, l’Ucraina ha scelto di affidarsi al settore privato, differenziandosi in questo dalla Russia, che esercita invece uno stretto controllo statale sulla produzione bellica.
Incoraggiate da benefici fiscali, deregolamentazione, fondi e contratti governativi, a partire dal febbraio del 2022, in Ucraina sono state fondate più di duecento nuove aziende attive nell’industria bellica.
Alcune di esse si dedicano alla produzione di materiali bellici di base come polvere da sparo e munizioni per armi leggere o artiglieria. Altre, invece, lavorano nell’ambito della cosiddetta deftech, ovvero l’applicazione delle nuove tecnologie al settore della difesa.
A fare da volano alle aziende deftech ucraine, facilitandone il lavoro di ricerca, sviluppo, sperimentazione e fundraising, è BRAVE1, un incubatore di start up dedicato al settore difesa, lanciato il 26 aprile del 2023 da sei importanti attori istituzionali ucraini: i ministeri della Trasformazione digitale, delle Industrie strategiche, dell’Economia e della Difesa, lo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine e il Consiglio nazionale di sicurezza e difesa (ne avevamo scritto in questo articolo su Guerre di Rete).
Tra i dodici ambiti a cui viene data priorità all’interno di BRAVE1 ce ne sono alcuni – i sistemi di navigazione e informazione geografica, i complessi di sistemi robotici e controllati a distanza, gli UAV, le tecnologie e gli strumenti per il supporto medico – che hanno a che vedere con lo sviluppo di droni di vario tipo e adatti a ogni genere di dominio del campo di battaglia.
È uno sviluppo a cui l’invasione russa ha fatto da volano, accelerandolo e fornendo ai produttori e agli utilizzatori di questa categoria di sistemi un banco di prova eccezionalmente efficace.
A certificarne l’importanza è senza dubbio la scala della loro diffusione. Per capirlo basta guardare i numeri: nel corso del 2024, la sola Ucraina ha acquistato 1,6 milioni di droni, di cui 1,3 milioni sono stati effettivamente consegnati, a fronte dei circa 1,4 milioni schierati della Russia.
Il ruolo strategico dei droni made in Ukraine
Dei quasi tre milioni di veicoli senza pilota consegnati a Ucraina e Russia nel corso del 2024, la maggior parte è costituita da droni aerei FPV (first person view), ovvero droni che possono essere guidati dal loro operatore grazie a un visore che consente una visuale in prima persona e che vengono utilizzati per missioni di ricognizione, identificazione dei bersagli e attacco diretto contro fanteria e mezzi corazzati.
Proprio questa categoria di droni rende evidente l’importanza strategica che la produzione bellica domestica riveste per l’Ucraina. I droni FPV sono infatti composti da una scocca sulla quale vengono montate tutte le componenti che ne permettono il funzionamento: videocamere, antenne, ricetrasmittenti, sistemi di controllo della velocità e del volo.
La maggior parte di esse viene prodotta in Cina, paese legato alla Russia da relazioni di alleanza e comuni interessi geopolitici e che sta attivamente implementando politiche volte a limitarne la vendita, spingendo così l’Ucraina a sviluppare un proprio mercato interno anche per la produzione di questa categoria di droni.
In un reportage pubblicato sul portale Militarny, il giornalista Alexander Yan riporta come Vyriy Drone, una delle aziende ucraine leader nella produzione di droni FPV, sia in grado di produrre modelli da dieci pollici utilizzando componenti di produzione domestica per circa il 70% del totale.
Pur non riuscendo a soddisfare la domanda dei produttori per ogni singola componente, a oggi la produzione domestica ucraina presenta un buon bilanciamento tra i costi, più alti rispetto ai competitor cinesi, e l’affidabilità, che si avvantaggia degli standard più elevati garantiti da produttori consapevoli del ruolo cruciale che i droni di ogni categoria rivestono per lo sforzo bellico.
Le implicazioni della diffusione dei droni militari
Date le dure condizioni a cui espone i soldati, il campo di battaglia si rivela sempre uno straordinario laboratorio per l’accelerazione e lo sviluppo di tecnologie belliche.
Nel caso dei veicoli senza pilota aerei, navali e terrestri, il teatro ucraino non ha fatto eccezione a questa regola, evidenziando come essi rappresentino una parte importante della battaglia di adattamento in cui tutte le istituzioni militari si impegnano nel corso di un conflitto, e che costituisce uno degli elementi fondamentali di ogni vittoria.
In questo senso, lo sviluppo di droni costituisce un fattore di vitale importanza per l’Ucraina. Le forze armate del paese invaso affrontano infatti una crisi di mobilitazione che non determina solo scarsità di manodopera, ma è anche alla base delle avanzate russe che si sono susseguite nel corso del 2024 lungo l’intero fronte.
Poter contare su un ampio ventaglio di veicoli senza pilota affidabili e in grado di operare in modo coordinato – manovrati da remoto o in modalità autonoma grazie all’implementazione dell’intelligenza artificiale – permetterebbe all’Ucraina di ridurre l’utilizzo dei propri soldati nelle zone e nelle missioni più pericolose del campo di battaglia, riducendo così le perdite.
Un approccio simile potrebbe anche permettere operazioni combinate ed eseguite in profondità dietro le linee nemiche, come ha dimostrato la recente eliminazione di alcune batterie di difesa aerea russa, colpite a Skadovsk, nella Crimea occupata, da droni aerei lanciati da droni navali.
Si tratta di prospettive che, al momento, sono più potenziali che effettive, anche se il ritmo della sperimentazione nel campo dei droni militari procede a ritmi elevati. Quello che è certo, invece, è che lo sviluppo e l’adozione di massa di veicoli senza pilota stanno già generando profondi cambiamenti nella struttura delle istituzioni militari.
Per come sta emergendo dal contesto ucraino, l’impiego dei droni prefigura uno scenario in cui alla capacità di colpire con precisione i bersagli, che fino a qualche decina di anni fa era una prerogativa di sistemi d’arma avanzati e costosi, si aggiunge un’inedita dimensione di massa, resa possibile dalle loro economie di scala.
Questa capacità di “precisione di massa” non pone alle istituzioni militari solo questioni logistiche o di approvvigionamento, ma anche questioni di formazione e leadership. Oltre a essere protagonisti dei programmi di produzione e acquisto, i droni stanno diventando parte dei programmi di addestramento, sia generalisti sia specialistici. Inoltre, nell’addestramento, l’attenzione tende a spostarsi progressivamente dall’uso di singoli droni per compiti specifici all’orchestrazione di operazioni condotte da molteplici droni impegnati in compiti più complessi.
Come già notato in precedenza, l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo chiave nello sviluppo di operazioni belliche condotte attraverso l’uso combinato di droni che operano contemporaneamente in diversi domini del campo di battaglia per raggiungere un obiettivo, svolgendo ognuno una o più specifiche funzioni.
La piena automazione rappresenta infatti l’ultimo orizzonte di sviluppo della robotica applicata alla guerra: un futuro in cui l’integrazione tra il soldato e i suoi sistemi d’arma si compirà in una dimensione in cui la macchina smetterà di essere solo uno strumento.