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Cavi sottomarini, crescono sospetti e monitoraggio (anche in Italia)

Posa di un cavo sottomarino

Immagine in evidenza: posa di un cavo sottomarino – fonte: Comune di Genova

«Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia» diceva Arthur C. Clarke, scrittore di fantascienza britannico. Con questa “legge”, Clarke si riferiva alla diffusa incapacità di comprendere il funzionamento della tecnologia che usiamo nella quotidianità, inevitabilmente ritenuta magica. La stessa aura circonda da sempre Internet, considerato – anche a causa di termini come “cloud” (nuvola) – qualcosa di etereo e immateriale. Le cose, invece, sono molto diverse. E allora: come funziona l’infrastruttura di Internet? Come vengono scambiati i pacchetti di dati da una parte all’altra del mondo? 

Il traffico voce e dati passa soprattutto sott’acqua

Se la risposta a queste domande non arriva da un percorso di educazione digitale, allora è la geopolitica a rendere tutto più concreto. Sebbene in questi anni si sia parlato spesso di connessioni Internet satellitari, con Starlink di Elon Musk a farla da padrona in Ucraina, la stragrande maggioranza dei dati di Internet passa sott’acqua. Cavi sottomarini di fibra ottica che sembrano infiniti, posti sul fondo del mare con grandi carrucole navali. Secondo le stime, attraverso di loro passa il 98% del traffico internazionale, voce e dati, di più di 7 miliardi di persone. Se i cavi si rompessero, il sistema informatico di interi Paesi andrebbe in tilt, bloccando le forniture di energia, la trasmissione di informazioni sensibili, le transazioni bancarie elettroniche.

Credits: Telegeography

Sapere quanti cavi sottomarini sono puntellati in fondo al mare è pressoché impossibile, ma l’azienda Telegeography ha provato a fare una stima: tra quelli pianificati per un prossimo funzionamento e quelli attualmente attivi, la cifra è di 574 cavi in tutto il mondo. Tutti insieme, formerebbero un reticolo da quasi 1 milione e mezzo di chilometri che attraversa il globo. Com’è facile immaginare, la loro crescita è destinata ad aumentare per svariate ragioni, tra cui l’aumento dell’utilizzo dei servizi cloud e della domanda di connessione a banda larga. I cavi sottomarini offrono infatti una velocità di comunicazione molto più elevata e stabile della connessione satellitare, nonché costi inferiori. È grazie a questo intreccio stupefacente se possiamo navigare su Internet, inviare email, fare videochiamate e trasmettere informazioni quasi istantaneamente.

Conoscere l’esistenza delle “autostrade” digitali del mondo moderno non riguarda solo la loro funzionalità, ma permette di comprendere anche le vulnerabilità della nostra società digitalizzata e le sfide geopolitiche che ne conseguono. Attualmente non c’è alternativa ai cavi sottomarini in fibra ottica: sono un’infrastruttura critica sulla quale, però, c’è molto da perdere. Anche se la maggior parte dei danneggiamenti avviene per l’errato ancoraggio di una nave o l’avvolgimento nelle reti da pesca, da alcuni anni gli attacchi – o i presunti attacchi – di sabotaggio sono diventati frequenti.

I danneggiamenti sospetti nel Baltico (e non solo)

Alla fine di gennaio, la polizia norvegese ha dichiarato di aver sequestrato, su richiesta delle autorità lettoni, la nave cargo norvegese Silver Dania e il suo equipaggio russo, perché sospettata di essere coinvolta nel danneggiamento di un cavo per le telecomunicazioni nel Mar Baltico (nello specifico, tra Lettonia e Svezia). Il sabotaggio, avvenuto il 26 gennaio scorso, ha spinto la Nato a inviare alcune navi di pattugliamento nella zona e all’apertura di un’indagine da parte delle autorità svedesi. 

Il coinvolgimento della Nato rende palese la centralità della sicurezza delle infrastrutture critiche. L’alleanza militare ha cominciato a seguire con attenzione gli incidenti ai cavi sottomarini dopo l’invasione russa in Ucraina nel febbraio 2022: con la missione Baltic Sentry ha schierato nel Mar Baltico fregate, aerei e droni navali allo scopo di controllare e garantire la sicurezza delle infrastrutture, riservandosi il diritto di intervenire contro le navi che minacciano la sicurezza degli alleati.

Uno scenario simile si è presentato anche lo scorso Natale, quando la polizia finlandese ha sequestrato una petroliera russa sospettata di aver causato un danno al cavo sottomarino Estlink 2 – che collega Finlandia ed Estonia. Come riportato da Reuters, la Eagle S, registrata nelle Isole Cook, faceva parte di una flotta ombra utilizzata per eludere le sanzioni sulle esportazioni di petrolio che incombono sulla Russia. Il Cremlino ha negato il coinvolgimento nell’accaduto. 

A novembre 2024, sempre nel Mar Baltico, altri due cavi sottomarini sono stati recisi a distanza di 200 chilometri l’uno dall’altro, come raccontato allora anche nella newsletter Guerre di Rete. Protagonista di questa vicenda è stata la nave cinese Yi Peng 3, che in seguito all’accaduto è rimasta in stallo diplomatico per un mese nella rotta di navigazione danese. Il sospetto di sabotaggio non ha prodotto però prove. Intanto, anche la vicepresidente dell’Unione Europea, nonché alta rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Kaja Kallas, ha condannato questa serie di avvenimenti su X.

Solo alcuni giorni fa, a Helsinki sono state presentate alcune misure targate Ue che sembrano assicurare una certa svolta nella protezione dell’infrastruttura. A distanza di molto tempo dalla loro introduzione, finalmente, entro la fine del 2025, la commissione Ue e l’alta rappresentante Kallas “dovrebbero presentare la mappatura delle infrastrutture di cavi sottomarini esistenti e pianificate, una valutazione coordinata dei rischi sui cavi sottomarini, un Cable Security Toolbox di misure di mitigazione e un elenco prioritario di progetti di cavi di interesse europeo”.

Tornando ai casi di sabotaggio, in un diverso scenario, alcuni mesi prima, e molto più a sud, i miliziani Houthi dello Yemen – un gruppo armato di confessione principalmente zaydita (branca dell’Islam sciita) – sono stati accusati del sabotaggio di tre cavi sottomarini nello stretto di Bad el Mandeb, nel Mar Rosso. I lanci di agenzia hanno raccontato di danni enormi: secondo la società di telecomunicazioni di Hong Kong HGC Global Communications, gli Houthi hanno interrotto le telecomunicazioni globali costringendo i fornitori di servizi Internet a reindirizzare circa un quarto del traffico tra Asia, Europa e Medio Oriente. Il gruppo non ha mai rivendicato l’attacco, smentendo eventuali responsabilità.

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Italia, aumentato il monitoraggio delle infrastrutture sottomarine

Sebbene almeno una parte dei servizi segreti europei e statunitensi concordino nel definire accidentali gli eventi finora accaduti, le preoccupazioni occidentali rimangono alte, vista anche l’impossibilità di un’alternativa ai cavi sottomarini. Nel consueto rapporto annuale pubblicato dall’ente privato Eurispes si legge che “nel corso del 2022, le autorità italiane hanno progressivamente rafforzato le attività di monitoraggio e vigilanza delle infrastrutture sottomarine nelle proprie acque territoriali. L’obiettivo è quello di impedire e prevenire eventuali azioni di sabotaggio, non solo contro le infrastrutture del settore energetico che hanno origine nel Nord Africa, ma anche contro i cavi sottomarini delle telecomunicazioni”. Alcuni anni prima, la Marina Militare italiana aveva emanato le Linee di Indirizzo Strategico 2019-2034, inserendo per la prima volta la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine e off-shore (tra cui gasdotti e dorsali dati) italiane.

Nel 2022 è iniziata anche un’operazione della Marina militare chiamata Mediterraneo Sicuro all’interno del più largo cappello Fondali Sicuri, che ha lo scopo di tutelare anche le infrastrutture critiche sottomarine. A La Spezia, poi, sono in corso di realizzazione quattro sottomarini U212NFS (Near future submarine), progettati da Fincantieri, ognuno dal valore di 500 milioni di euro. I sottomarini dovrebbero garantire la sorveglianza in acqua, compresi i fondali, attraverso un sistema di combattimento fornito dalla società Leonardo (missili deep strike) che include sensori e intelligenza artificiale. Ed è proprio della fine del dicembre scorso la notizia di un memorandum d’intesa tra Fincantieri e Telecom Italia Sparkle, che fa pensare che l’Italia si stia preparando a possibili sabotaggi derivanti dai delicati equilibri geopolitici attuali. Sparkle è infatti proprietaria di una rete in fibra ottica che si estende per 600.000 chilometri e collega l’Italia agli altri continenti.

Credits: Telegeography

Dove stanno e dove portano i cavi italiani

I 25 cavi sottomarini localizzati nel nostro Paese si trovano in poche città, e praticamente più della metà arriva in tre città, ovvero Mazara del Vallo, Catania e Bari. Nelle ramificazioni che si estendono dalla penisola all’est Europa e al nord Africa, i cavi conducono a paesi con i quali l’Italia ha interessi economici, commerciali e anche politici (Libia, Tunisia, Grecia, Israele e altri). Non solo, entro quest’anno dovrebbe essere pronto il cavo sottomarino che collega l’Italia all’India: partendo da Marsiglia e passando da Savona, l‘India Europe Express (IEX) arriva a Mumbai dopo aver percorso 9.775 chilometri. I proprietari del servizio sono China Mobile, Reliance Jio infocomm (filiale di una telco indiana) e altri non ancora svelati. Nelle acque di Catania passa invece dal 2016 il SeaMeWe-5, un sistema di cavi lungo 20.000 chilometri realizzato da numerose aziende di telecomunicazioni sparse tra Bangladesh, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Myanmar, Malesia e altri. A prendere servizio nel 2023 è stato invece il 2Africa, di proprietà di aziende come Saudi Telecom, China Mobile, Meta, Orange e Vodafone, che tocca i 45.000 chilometri circumnavigando l’Africa a partire da Bude, nel Regno Unito, e arrivando a Al Faw, in Iraq. La prima posa è avvenuta nell’aprile 2022 a Genova, utilizzando il nuovo hub di attracco per cavi sottomarini GN1. L’impianto è il più lungo al mondo e connette i paesi africani a Europa e Asia.

Tutti questi progetti hanno in comune due cose: connettono luoghi distanti migliaia di chilometri attraverso il mare, che è sempre stato ed è tuttora (anche se molto più invisibilmente) l’elemento che ci unisce, permettendo il funzionamento dei commerci e della comunicazione umana. Il secondo aspetto è legato alla sicurezza. Poiché i cavi sono di proprietà di più enti o aziende, un sabotaggio non ha solo un effetto immediato, ma anche sul lungo periodo. In situazioni simili è infatti difficile comprendere quali e quanti Stati siano coinvolti negli attacchi, e quali saranno le loro possibili reazioni. Se consideriamo poi che le “autostrade digitali” da cui la nostra società dipende sono per il 53% in mano ad Amazon, Google, Microsoft e Meta, la faccenda si complica ulteriormente.

In attesa di una strategia europea omogenea, nel settembre 2024 il ministro per le Politiche del mare Nello Musumeci ha proposto un disegno di legge, poi approvato, che prevede, tra le altre cose, l’istituzione dell’Agenzia per la sicurezza delle attività subacquee (Asas), sotto il controllo della Presidenza del Consiglio dei ministri. All’ente è demandata anche la definizione di “misure necessarie volte ad assicurare la sicurezza delle infrastrutture subacquee”. C’è infatti un aspetto particolarmente rilevante del quadro regolatorio a oggi in vigore: la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare approvata nel 1982 non è più adatta ai nuovi scenari geopolitici attuali. Tanto da non prevedere nemmeno l’obbligo per gli stati di tutelare le proprie infrastrutture sottomarine.