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Il ruolo decisivo e ambiguo dei satelliti di Elon Musk in Ucraina

Satelliti Starlink (Wikimedia)

Immagine in evidenza: satelliti Starlink (Wikimedia)

Tra gli uomini e le donne che in Ucraina combattono sul fronte è stato soprannominato “Sant’Elon”. Parliamo, ovviamente, di Elon Musk: l’uomo più ricco del mondo, neo-proprietario di Twitter e, soprattutto, in questo caso, fondatore della società aerospaziale SpaceX che ha dato vita ai mini-satelliti Starlink, in grado di offrire connessione a internet anche nei luoghi più sperduti o difficili del pianeta Terra.

“Sono davvero grato per il supporto di Starlink”, ha affermato nel giugno scorso, parlando con Wired, il presidente ucraino Zelensky. “Le persone costrette a lasciare le città occupate, che non potevano contare sul supporto di Starlink, ci hanno detto che i russi gli raccontavano che l’Ucraina non esisteva più. E alcuni di loro avevano anche iniziato a crederci”. Altro che fake news: negli scenari realmente drammatici, avere accesso a internet può fare la differenza tra la speranza e la disperazione.

L’origine di questa gratitudine nei confronti di Elon Musk e dei suoi satelliti Starlink risale ad appena prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, quando SpaceX – in un clima sempre più teso e mentre un cyberattacco metteva k.o. Viasat, il fornitore di internet satellitare usato dall’esercito ucraino – dispiegò 50 satelliti sopra i cieli dell’Ucraina pronti per essere utilizzati. Come spiega Politico, il dispiegamento venne però rallentato da lungaggini burocratiche, tra cui l’approvazione governativa obbligatoria per attivare il sistema e la necessità di inviare i ricevitori terrestri di Starlink nel paese (senza i quali è impossibile sfruttare la connessione satellitare).

Poi la Russia ha però effettivamente invaso il paese, facendo saltare qualunque logica ordinaria a base di pratiche formali: due giorni dopo l’invasione, il vicepremier ucraino Mykhajlo Fedorov (che è anche ministro della Trasformazione digitale) si rivolge a Musk direttamente via Twitter: “Mentre cerchi di colonizzare Marte, la Russia sta invadendo l’Ucraina; mentre i tuoi razzi atterrano con successo dallo spazio, i razzi russi attaccano i civili ucraini. Ti chiediamo di fornire all’Ucraina i ricevitori di Starlink”.

Il ruolo dei satelliti Starlink in Ucraina

Detto, fatto: altri due giorni e il primo carico di ricevitori appare sul territorio ucraino, mentre Fedorov si affretta a ringraziare sempre via Twitter Elon Musk. Come vedremo meglio più avanti, i rapporti tra le parti in causa sono poi peggiorati ed è anche diventato chiaro come non si possa attribuire a SpaceX tutto il merito della “operazione Starlink”. Per il momento, però, soffermiamoci su altri elementi: i satelliti connessi hanno davvero tutta questa importanza per l’Ucraina? E a quali scopi vengono usati, concretamente?

Starlink è una costellazione di mini-satelliti dalle dimensioni che vanno dai tre ai sette metri di lunghezza, lanciata nello spazio per la prima volta nel 2019. È in grado di fornire accesso a internet trasportando i dati tramite segnali radio invece che attraverso, per esempio, la fibra ottica. I ricevitori di Terra inviano i segnali in orbita, dove i satelliti poi li ridirigono verso gli utenti. Ci sono circa 3mila satelliti Starlink nell’orbita bassa, a circa 550 chilometri dalla Terra. La società ha affermato di voler aumentare il numero rapidamente per arrivare a 12mila, aumentandoli poi ulteriormente fino a 42mila.

“All’inizio della guerra ero un po’ scettico sulla loro efficacia, ma penso che col tempo questa sia aumentata considerevolmente e penso anche che adesso stia avendo un ruolo significativo sul campo di battaglia”, ha spiegato Michael Kofman, analista della CNA Corporation ed esperto di questioni militari russe. Oltre a fornire a civili e militari la possibilità di restare in contatto con i loro cari, di ricevere i messaggi delle autorità e di verificare le voci incontrollate che inevitabilmente si diffondono, Starlink offre anche e soprattutto dei vantaggi strategici dal punto di vista bellico.

Droni e intelligence

L’utilizzo probabilmente più importante riguarda i droni: un elemento essenziale, per esempio, per le operazioni dell’unità ucraina Aerorozvidka (Ricognizione Aerea), che opera a supporto dell’esercito e utilizza i droni a scopi di sorveglianza e di attacco, prendendo di mira le postazioni e i carri armati russi. Viste le aree remote e difficili in cui quest’unità opera, il collegamento a Starlink si è rivelato di importanza essenziale: le squadre che li manovrano inviano infatti nottetempo i droni (dotati di videocamere termiche) sulle postazioni russe per sganciare ordigni – utilizzando normalissimi droni commerciali modificati come il DJI Matrice 300 o altri prodotti a scopo militare come il PD-1 prodotto dalla UkrSpecSystems – oppure per raccogliere informazioni strategiche da usare a livello di intelligence.

Come spiega il Telegraph, l’esercito ucraino sfrutta infatti i droni e la rete anche per fornire informazioni al sistema di intelligence noto come “Delta”, costruito recentemente con il supporto di consiglieri occidentali. Questo sistema include un software che crea una mappa interattiva, incorporando immagini raccolte da droni, satelliti, sensori e intelligence umana per tenere traccia dei movimenti nemici praticamente in tempo reale. Delta è uno degli elementi che sta fornendo agli ucraini un enorme vantaggio a livello di informazioni sul campo, ma il suo utilizzo – come quello dei droni – non sarebbe possibile a un tale livello di accuratezza ed efficacia se non venisse impiegato Starlink, che fornisce una connessione molto più stabile e molto più rapida degli altri operatori satellitari (fino a 500Mbps: almeno tre volte più veloce del migliore tra i concorrenti; merito anche del fatto che orbita a circa 500 chilometri dalla terra, mentre quelli tradizionali a una distanza almeno doppia).

È sempre merito di Starlink se le truppe e i civili assediati nell’acciaieria Azovstal hanno potuto comunicare con l’esterno sfruttando il ricevitore che avevano con loro, se Zelensky ha potuto collegarsi via streaming ovunque nel mondo e avere call su Zoom con Macron o Biden e se per l’Ucraina è stato possibile ribattere alla propaganda russa.

In foto: “Un drone commerciale DJI Matrice 300 modificato militarmente per sganciare piccole bombe anti-carro

L’efficacia degli strumenti satellitari firmati SpaceX è stata dimostrata anche dalla furia con cui il Cremlino ha reagito alla cosa: “Questo è l’Occidente di cui non dovremmo mai fidarci”, ha esclamato Dmitry Rogozin, direttore generale di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa. “Mentre la Russia è alle prese con i più delicati interessi nazionali nel territorio dell’Ucraina, Elon Musk appare con il suo Starlink che aveva precedentemente dichiarato che avrebbe avuto esclusivamente un uso civile”.

Inevitabilmente, la Russia ha cercato – come già fatto con il sistema satellitare Viasat e non solo – di colpire per via informatica anche Starlink. Finora però senza successo. Intanto, “a differenza dei tradizionali satelliti, che orbitano a migliaia di chilometri sopra la Terra in un punto preciso e inviando segnali radio, questa nuova generazione di satelliti a orbita bassa si affida a una costellazione costituita da molteplici satelliti”, spiega sempre Politico. “Questa configurazione rende molto più difficile, se non impossibile, mandarli offline, perché per colpirli è necessario individuare tutti i satelliti in una volta e paralizzare l’intero sistema”.

Inoltre, i programmatori di Starlink hanno potuto modificare rapidamente il codice e restare così un passo avanti rispetto agli attacchi informatici russi.

Facilità d’uso e agilità dei ricevitori

A giustificare l’entusiasmo delle forze armate ucraine per Starlink ci sono anche altri elementi: la facilità d’uso (bastano venti minuti per installare un ricevitore e connetterlo al satellite), la possibilità di posizionarli ovunque ci sia una chiara visuale del cielo e poi spostarli nel momento del bisogno (la dimensione del ricevitore è di 50×30 cm) e il fatto di funzionare a lungo anche attaccati a un piccolo generatore.

In mezzo a tanti vantaggi, ci sono però anche dei limiti e dei pericoli: quando sono operativi, i ricevitori Starlink possono essere facilmente localizzati dalle forze russe, con il rischio di essere distrutti e soprattutto di rivelare la posizione dei militari ucraini. Per questa ragione, appena prima di consegnare i terminali, lo stesso Musk aveva twittato delle avvertenze: “Accendete Starlink solo quando necessario e posizionate le antenne quanto più lontano possibile dalle persone”. 

Vista l’importanza di questi strumenti, è evidente quanto l’Ucraina vi faccia oggi affidamento e li ritenga un elemento essenziale della sua strategia militare e non solo. E questo ci aiuta anche a capire quanto l’attuale confusione riguardante la volontà di SpaceX e di Elon Musk di continuare a fornire gratuitamente il servizio all’Ucraina possa preoccupare le autorità di Kiev. Timori che non hanno fatto che crescere verso la fine di ottobre, quando 1.300 dei ricevitori utilizzati dalle forze armate ucraine sono andati improvvisamente offline.

Chi paga il servizio in Ucraina?

Secondo quanto ha riportato la CNN, lo spegnimento di questi 1.300 ricevitori Starlink – utilizzati in in Donbas e Kherson – sarebbe legato al mancato pagamento dei costi di servizio dei ricevitori comprati per l’Ucraina da parte di un’azienda britannica. E qui, vale la pena di fermarsi un secondo. Ma come: SpaceX non fornisce gratuitamente il servizio all’Ucraina? E i ricevitori non sono stati donati direttamente da Elon Musk? 

Facciamo un passo indietro: in una lettera inviata al Pentagono nel settembre scorso, SpaceX spiegava come al momento fossero operativi in Ucraina almeno 20mila ricevitori, provocando alle casse di SpaceX una perdita stimata dai 20 ai 45 milioni di dollari al mese, in parte per i servizi forniti gratuitamente e in parte per le spese di cybersicurezza (il costo dei ricevitori parte da circa 500 dollari, ma l’abbonamento va da meno di 100 a oltre 4mila dollari al mese per il livello più elevato di servizi).

Anche un’operazione promozionale

Probabilmente, quando Musk si è offerto di fornire Starlink all’Ucraina non si aspettava che si sarebbe ritrovato quasi un anno dopo a dover continuare a sostenere ingenti spese (senza considerare l’impulsività con cui questo personaggio prende decisioni e la rapidità con cui può cambiare idea). È però anche vero che, per Musk, questa non è soltanto una spesa. Per quanto sia un punto di vista cinico, l’operazione Starlink in Ucraina è stata anche un’incredibile occasione promozionale: quanto abbiamo sentito parlare di questi mini-satelliti (questo articolo incluso) dallo scoppio della guerra?

Il Kyiv Independent ha definito l’operazione “non tanto un gesto di buona volontà, quanto una mossa di pubbliche relazioni che ha mostrato ai partner internazionali il potere di questa tecnologia. Dopo aver visto quanto abbia aiutato l’Ucraina a restare online anche durante la guerra, l’Air Force statunitense ha siglato ai primi di agosto un contratto con Starlink per fornire una connessione satellitare in alcune zone dell’Europa e dell’Africa”. Un primo contratto da quasi due milioni di dollari l’anno per valutare i servizi internet Starlink.

La spazzatura spaziale

In una fase in cui il problema dei detriti spaziali – provocati da collisioni tra satelliti abbandonati – sta diventando sempre più grave, la volontà di Elon Musk di riempire l’orbita bassa con decine di migliaia di mini-satelliti rischia di peggiorare ulteriormente una situazione già critica. Nel complesso, lo Space Surveillance Network del ministero della Difesa statunitense monitora infatti oltre 27mila detriti spaziali dalle dimensioni di almeno dieci centimetri: frammenti provocati da collisioni, razzi usati e oltre 3/4mila satelliti inattivi (su 8mila totali presenti nello spazio). A peggiorare ulteriormente la situazione, c’è il fatto che i satelliti di Starlink hanno una vita breve: smettono infatti di funzionare dopo circa cinque anni, restando però in orbita abbandonati e rischiando quindi di provocare ulteriori pericolosi detriti.

Soprattutto, come peraltro dimostrato dalla vicenda dei 1.300 ricevitori che hanno smesso di funzionare, non è nemmeno corretto sostenere che Musk si stia sobbarcando tutte le spese del caso. Al contrario: sempre secondo il Kyiv Independent, l’Ucraina ha ricevuto 5mila ricevitori dal governo polacco, altri 5mila dall’organizzazione statunitense per gli aiuti internazionali USAID, altri 5mila da varie nazioni dell’Unione Europea e il resto da SpaceX e altre aziende private (i dati sono forniti da Andriy Nabok, responsabile dello sviluppo di internet al ministero per la Trasformazione digitale di Kiev). Queste realtà – a cui si aggiungono anche organizzazioni non governative, imprenditori e volontari ucraini – hanno inoltre contribuito ai costi di trasporto, installazione e anche dell’abbonamento mensile.

“Elon Musk piagnucola perché starebbe perdendo un sacco di soldi per l’uso di Starlink in Ucraina”, ha scritto su Twitter l’attivista Melaniya Podolyak.

“Posso mostrarvi le immagini del mio conto bancario? Migliaia di ucraini stanno pagando ogni mese la sua azienda. La vera domanda è: stai davvero perdendo più soldi di quanti non ne stai guadagnando?” (nel tweet, Podolyak mostra gli screenshot delle spese che sarebbero state sostenute da lei e da altri cittadini; Guerre di Rete non ha potuto verificare la veridicità).

Anche se la risposta all’ultima domanda fosse positiva e Musk ci stesse investendo  parecchi soldi, è possibile che le stime secondo cui SpaceX stia perdendo decine e decine di milioni di dollari al mese siano eccessive, soprattutto perché la maggior parte dei terminali (almeno 15mila su 20mila) sono stati comprati da terzi che si occupano anche di sostenere parte delle spese per gli abbonamenti.

Quando e come si è incrinato il rapporto Musk-Ucraina

E allora come si spiega la ritrosia di Musk? Come detto, probabilmente l’imprenditore di origine sudafricana non si aspettava che il suo impegno dovesse proseguire così a lungo. Non è tutto, però. Perché col passare dei mesi il rapporto tra Musk e le autorità ucraine si è fatto via via più aspro. La tensione ha iniziato ad aumentare quando il fondatore di SpaceX ha twittato, il 3 ottobre, un “piano per la pace” di sua concezione tra Russia e Ucraina che richiedeva all’Ucraina di cedere la Crimea, di rimanere neutrale (ovvero non richiedere né l’ingresso nella Nato né nella UE) e di indire un nuovo e più attendibile referendum nelle zone contese.

Gli ucraini non hanno apprezzato: il diplomatico ed ex ambasciatore ucraino in Germania Andrij Melnyk ha risposto con due parole (“Fuck off”), mentre l’account del Parlamento ucraino ne ha usata una sola: “No”. Pochi giorni dopo, in un evento apparentemente non collegato, si è verificato per la prima volta un malfunzionamento di alcuni ricevitori. La trama si è però infittita quando l’esperto di geopolitica Ian Bremmer ha segnalato che il “piano per la pace” di Musk sarebbe stato twittato dopo una conversazione telefonica con niente meno che Vladimir Putin (e che tutto ciò gli sarebbe stato riferito proprio da Musk, che ha però negato tutto, come ha fatto il Cremlino).

E infine, dopo tutta questa bagarre, è arrivata una delle notizie più recenti sulla questione Starlink/Ucraina: prima Musk ha fatto sapere, il 14 ottobre, di non essere più intenzionato a sovvenzionare il servizio all’Ucraina (facendo peraltro un meschino riferimento al “fuck off” dell’ex ambasciatore) e chiedendo al Pentagono di pagare per esso; poi ha invece fatto marcia indietro, comunicando tre giorni dopo che avrebbero continuato a finanziare l’Ucraina.

La personale geopolitica di Musk (via tweet)

A quanto pare, però, le trattative col Pentagono sono ancora in corso, forse anche per la sfiducia da parte della Difesa statunitense nei confronti di un imprenditore che non solo continua a cambiare idea, non solo potrebbe aver comunicato con Putin prima di lanciare il suo personalissimo piano per la pace formato tweet, ma che ha anche successivamente provato a risolvere la crisi di Taiwan (sempre via Twitter, ovviamente) in un modo che gli ha fatto conquistare i complimenti del governo cinese (con cui Musk ha rapporti commerciali che ha tutti gli interessi a conservare).

È auspicabile che un personaggio di questo tipo abbia un ruolo così importante in uno scenario estremamente delicato come quello ucraino? Più in generale, non è il caso di evitare di ritrovarsi appesi alla benevolenza di multimiliardari i cui interessi personali potrebbero avere un peso in decisioni che hanno però ripercussioni a livello globale? “Non dovremmo trovarci in una situazione in cui dobbiamo fare affidamento sulla buona volontà di un’azienda privata affinché fornisca servizi che molti considerano vitali per gli interessi di sicurezza nazionale statunitense”, ha dichiarato il commissario per le Comunicazioni federali Usa Brendan Carr

Tempo di infrastrutture pubbliche?

Proprio per questo, stando a quanto riporta Axios, negli Stati Uniti si sta facendo largo la volontà di creare delle infrastrutture pubbliche di rete che consentano di fornire rapidamente una connessione a internet in qualunque parte del mondo. Un tema che l’anno scorso è stato al centro di una proposta di legge da parte repubblicana.

Più facile a dirsi che a farsi. Una cosa però è certa: mano a mano che cresce la repressione dei regimi e che si ricorre agli “spegnimenti” della rete in caso di proteste (come visto da ultimo in Iran) e che questa tecnologia diventa sempre più importante nei teatri di guerra, internet sta diventando un’arma geopolitica cruciale e sulla quale le superpotenze potrebbero voler esercitare un controllo globale. La rete fornita dai satelliti può giocare un ruolo di fondamentale importanza in questo senso. Ed è proprio per questo che non può essere lasciata nelle sole mani dei privati, indipendentemente da quanto affidabili – o inaffidabili – si rivelino.

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